L’abilismo e le sue forme di discriminazione

Giovanni Esposito
20 Gennaio 2023

Negli ultimi anni è aumentata sempre di più l’attenzione verso i diritti sociali e le forme di discriminazione e con queste è aumentata anche la consapevolezza verso la problematica relativa all’abilismo. Questa risulta però, a mio parere, ancora poco conosciuta e approfondita. Cerchiamo di capire cosa è questo fenomeno.

Andando a considerare la definizione dell’accademia della crusca, possiamo definire l’abilismo come una forma di discriminazione, pregiudizio o marginalizzazione nei confronti delle persone disabili.

In questa forma di discriminazione, come in molte altre, sono comprese modalità e azioni di diverso tipo che vanno da una consapevolezza più evidente e cosciente, fino a forme di abilismo non percepite direttamente come tali, ma presenti come forme di abilismo interiorizzato. Queste comprendono elementi che vanno da un linguaggio fortemente abilista, in cui la discriminazione risulta più evidente, fino all’utilizzo di una narrazione che vada sulla spettacolarizzazione, il pietismo e la presenza di atteggiamenti paternalistici, con modalità che risultano più subdole e generalmente (e ipocritamente) accettate.

La forma più immediata di abilismo verso una persona si ha nella situazione in cui si vede appunto la disabilità della persona prima della persona stessa, considerando una sua caratteristica come se fosse la caratterizzazione in toto di quel soggetto. L’estensione di questa forma può essere vista proprio con la sua caratterizzazione verso un linguaggio abilista che considera l’utilizzo di parole come “handicappato”, “ritardato” o termini analoghi in cui la disabilità diventa una metafora per esprimere qualcosa di negativo. Allo stesso modo però, possiamo considerare come abilista anche l’utilizzo di un linguaggio esaltante che cerca di comunicare una forma di buonismo ipocrita per cui si tende a definire un soggetto disabile come “una persona speciale”, collegandosi cosi alle forme di abilismo interiorizzato prima dette.

È sbagliato considerare una persona disabile come una persona che è buona a prescindere in quanto disabile, o come un eroe in quanto deve sopportare la sua condizione in un mondo così difficile, o che cerca di avere una vita normale “nonostante le sue difficolta”. Bisogna imparare a comprendere che una persona disabile è prima di tutto una persona e in quanto tale può essere buona o cattiva, simpatica o antipatica, desiderosa di avere dei rapporti sessuali o non interessata ad averne.

In queste situazioni, infatti, si rafforza anche lo stigma[1] sulla sessualità delle persone disabili viste come soggetti essenzialmente immuni da pulsioni sessuali grazie ad una retorica sbagliata (rafforzata anche dallo stigma sulla sessualità nella nostra società) che vede il soggetto disabile come una persona necessariamente asessuata, fragile e talvolta eccessivamente infantilizzata. A tal punto vorrei evidenziare l’importanza della sfera sessuale (ovviamente per persone che ne desiderano una e che non si identifichino come persone asessuali, per quanto questo non escluda la possibilità di volere una forma di relazione unicamente romantica, elementi che per semplicità non considererò in questo ragionamento), per cui risulta abbastanza scarna la possibilità di utilizzare degli strumenti di welfare a sostegno di questi aspetti, frutto anche di una società fortemente stigmatizzata come la nostra. La stessa figura del love giver in Italia ha infatti pochi soggetti con competenze adeguate per gestire e canalizzare correttamente le pulsioni sessuali dei disabili.

Tutte queste forme di discriminazioni sono però solo una parte di quelle che l’abilismo ad oggi comprende, andando a sommarsi a tutte quelle forme anche più direttamente comprensibili, come la mancata accessibilità a luoghi o informazioni a causa di barriere architettoniche o sensoriali, o come le banali forme di indifferenza delle singole persone che agiscono con azioni per loro inoffensive, come il parcheggiare di fronte agli attraversamenti sui marciapiedi o negli stessi posti per disabili senza averne effettivamente ne diritto ne bisogno.

L’abilismo è poi una forma di discriminazione non abbastanza considerata verso cui è aumentata l’attenzione negli ultimi anni, anche grazie al maggiore interesse verso i diritti umani, soprattutto delle nuove generazioni. Detto questo si spera però in una continua evoluzione sia da un punto di vista civico che assistenziale, per quanto risulti recente l’affossamento di disegni di legge come il Ddl Zan[2] che comprendeva appunto una tutela verso l’omobilesbotranfobia[3] e l’abilismo.

[1] Con stigma, riportando il vocabolario treccani, intendiamo l’attribuzione di qualità negative a una persona o a un gruppo di persone, soprattutto rivolta alla loro condizione sociale e reputazione.

[2] Il Ddl Zan è un disegno di legge pensato per contrastare forme di discriminazione legate al genere, al sesso, all’orientamento sessuale, all’identità di genere e alla disabilità

[3] L’omobilesbotransfobia è una parola composta che riunisce diverse forme di discriminazione quali l’omofobia, la bifobia, la lesbofobia e la transfobia. Indica quindi le forme di discriminazione verso uomini, donne e persone non binarie di qualunque orientamento sessuale diverso da quello etero.

Lorenzo De Sario

(Progetto Formativo curriculare Università Roma TRE )

Credit Foto:  Le foto sono dei rispettivi proprietari, per uso libero e provenienti dalle piattaforme Pixabay e Freepik

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